La leggenda del tesoro di Re Alarico

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Rappresentazione grafica della sepoltura di re Alarico I

Alarico I, re dei Visigoti, ebbe vita breve. Nato a Perice sul Danubio nel 370 morì, appena quarant’anni dopo, a Cosenza, nel 410. Tra mito e leggenda, la sua storia ha attraversato i secoli ed è giunta fino ai nostri giorni pregna di curiosità che, da sempre hanno mosso l’interesse di intellettuali, studiosi, politici, gente comune, ispirando i versi di Dumas, Carducci e dei più grandi vati.

Cupi a notte canti suonano
da Cosenza su’l Busento,
cupo il fiume li rimormora
dal suo gorgo sonnolento.
Su e giù pe ‘l fiume passano
e ripassano ombre lente:
Alarico i Goti piangono
il gran morto di lor gente
(da “La tomba nel Busento” tradotta in italiano da Giosuè Carducci,
dalla poesia di August Graf Von Platen)

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Alarico I re dei Visigoti

Alarico I invase i Balcani nel 395, allorquando divenne per l’appunto re dei Visigoti, e l’Italia nel 401, ma fu sconfitto a Pollenzo (Pollentia, città romana, oggi è una frazione di Bra in provincia di Cuneo in Piemonte) da Stilicone (generale romano che costrinse i Visigoti a riparare nell’Illiria) nel 402. Dopo sei anni, per l’esattezza nel 408, percorse di nuovo la penisola è assediò Roma sia nel 408 che nel 409. Al terzo tentativo, il 24 agosto 410 riuscì a saccheggiare Roma. L’evento fu epocale. La tragedia in sé andò ben oltre la semplice razzia di preziosi. San Girolamo espresse al riguardo un pensiero molto preciso: “Ci arriva dall’Occidente una notizia orribile. Roma è invasa. È stata conquistata tutta questa città che ha conquistato l’Universo.” Il clamore della notizia fu pari, se non superiore, alle barbarie che i cittadini romani e il loro esercito dovettero subire nell’arco di una tre giorni sanguinosissima. Socrate Scolastico (Storia Ecclesiastica, VII, 10) disse: “Incendiando il più grande numero di strutture magnifiche e le altre ammirevoli opere d’arte contenute nella città si impadronirono di denaro e di altra roba di valore e se la spartirono tra loro. Molti dei principali senatori furono giustiziati con pretesti vari.” Sempre sul sacco di Roma Girolamo scrisse: “Chi avrebbe mai creduto che Roma, costruita sulle vittorie riportate su tutto il mondo, sarebbe crollata? Che tutte le coste dell’Oriente, dell’Egitto e d’Africa si sarebbero riempite di servi e di schiave della città un tempo dominatrice, che ogni giorno la santa Betlemme dovesse accogliere ridotte alla mendicità persone di entrambi i sessi un tempo nobili e pieni di ogni ricchezza?

Nel 1835 Alessandro Dumas, in viaggio in Calabria, ebbe modo di parlare della cosiddetta “febbre d’Alarico”, una sorta di febbre dell’oro che colpì i cosentini: “Questa via conduceva alla riva del Busento, dove, come si ricorda, fu interrato Alarico; il fiume era completamente prosciugato, e l’acqua era scomparsa, senza dubbio in qualche voragine che s’era aperta tra la sorgente e la città. Vedemmo nel suo letto disseccato una folla di persone che faceva degli scavi sulla autorità di Jordanes, che racconta i ricchi funerali di questo re. Ogni volta che lo stesso fenomeno si rinnovella si fanno gli stessi scavi, e ciò senza che i sapienti cosentini, nella loro ammirabile venerazione per l’antichità, si lascino mai abbattere dalle delusioni successive che hanno provato.

Dopo averla saccheggiata, Alarico abbandonò Roma agli inizi dell’autunno, per dirigersi verso l’Italia meridionale: conduceva con sé, oltre a enormi ricchezze, anche un ostaggio prezioso, la sorella dell’imperatore Onorio, Galla Placidia. I Visigoti devastarono la Campania e la Calabria, saccheggiando e radendo al suolo Capua e Nola; giunti allo stretto di Messina, decisero di costruire una flotta per tentare l’invasione della Sicilia e dell’Africa; il loro piano, tuttavia, fallì quando una tempesta distrusse la loro flotta durante il tentativo di traversata dello stretto. Alarico si spense poco tempo dopo in Calabria, a Cosenza, venendo sepolto con tutto il suo tesoro nel letto del fiume Busento.

Le varie campagne di scavi succedutesi nei secoli non hanno mai portato alla luce il leggendario tesoro di re Alarico. Tra le iniziative più famose ricordiamo senz’altro quella che sul finire degli anni Trenta, vide protagonista la francese radioestesista Maria Amelie Crevolin. La studiosa, sulla base di un’analisi approfondita della carta topografica della zona e applicando le sue facoltà di teleradioestesista ad un pendolo magnetico, ritenne di aver individuato nella zona di Vadue (frazione del Comune di Carolei), a pochi chilometri da Cosenza lungo la valle del Busento, il punto esatto della tomba di Alarico. Vennero rinvenuti dei resti di scheletri umani ma del tesoro neanche l’ombra. L’interesse che riuscì a suscitare la notizia coinvolse anche la Germania nazista. Nel 1938 il capo delle SS Hainrich Himmler, visitò Cosenza e la zona di Vadue ma presto si rese conto dell’infondatezza delle notizie e tornò a casa deluso.

Recentemente la leggenda del tesoro di Alarico ha interessato anche i media nazionali. Roberto Giacobbo, noto divulgatore scientifico, da anni alla conduzione della trasmissione “Voyager”, ha realizzato una puntata del programma viaggiando nei luoghi in cui si pensa che il re dei Visigoti possa essere stato sepolto insieme al proprio destriero e parte del bottino frutto del sacco di Roma del 410.

Il “Time” ma anche tanti altri giornali internazionali e le tv di tutto il mondo addirittura qualche mese fa dedicarono reportage, inchieste e pezzi a questa straordinaria leggenda avvolta nel mistero.

Non è, tuttavia, solo il territorio di Cosenza a destare interesse. Recenti studi rivelerebbero una possibilità del tutto nuova. Pare, infatti, che in contrada Grifone a Bisignano, dove svetta il “Cozzo Rotondo” vi sia un sito che, presumibilmente, potrebbe essere una sorta di camera mortuaria dove potrebbero giacere le spoglie di re Alarico e in cui potrebbe trovarsi anche la famosa Menorah, il candelabro a sette bracci simbolo della religione ebraica.

Un paio di anni fa un team di esperti cercò di sfruttare diverse tecniche di indagine ambientale: georadar, magnetometria, geoelettrica, telerilevamento multispettrale, immagini e video da drone, tutte non distruttive. Il georadar impiegato era il Sir4000 di GSSI, nella versione con antenna da 400 MHz, specifica per indagini fino a 5 metri di profondità. Maneggevole e robusto, con il carrello il georadar è in grado di trascinare l’antenna anche in contesti difficili. La configurazione denominata UtilityScan,  comprende unità centrale, antenna e carrello, pronto per i rilievi. Il Sir4000 è in grado di rilevare cavità, oggetti sepolti, muri, discontinuità. Addirittura il modulo Quick3D mostra in 3D – subito in campo – il dato appena acquisito. L’interfaccia utente è semplice, è integrabile con il GPS e trasferisce i dati dati via WiFi. Nonostante tutto, purtroppo, neanche questi innovativi metodi di ricerca hanno dato gli esiti sperati.

Il mito di re Alarico e del suo tesoro sopravviveranno per sempre. Finché ci sarà vita l’uomo andrà alla sua ricerca e tra realtà e fantasia continuerà a sognare!