La Chiesa di San Francesco d’Assisi e l’annesso Convento dei Padri Francescani sorgono in piazza Marco Berardi. La fondazione si deve al beato Pietro Cathin da Sant’Andrea di Faenza, discepolo di San Francesco, il quale tra gli altri conventi eretti in Calabria nel 1217, fondò anche di quello di Cosenza, che venne edificato su un Monastero fondato nel 450 dai Basiliani e occupato nel 565 dai Benedettini. In ogni caso, fino al 1276, risulta abitato nuovamente dai Benedettini, successivamente dai Conventuali fino al 1434. Da quel momento passò agli Osservanti che vi fecero costruire il campanile ed il chiostro in pietra ed archi ogivali su pilastri prismatici; provvidero anche ad aggiungervi il refettorio, l’infermeria ed il dormitorio. Fino al 1578 vi fu anche lo Studio Generale dell’Ordine e una scuola di miniatura di codici. L’Arcivescovo Sanfelice scelse questi locali quali sede per la sua Accademia dei Negligenti. Conobbe come il Duomo tutte le conseguenze dei terremoti disastrosi che hanno afflitto queste terre nel corso della loro lunga e travagliata storia; ci si riferisce in modo particolare a quello del 1638 e del 1854. Anche i bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale arrecarono danni gravissimi al Monastero. La prima Chiesa era a navata unica posta perpendicolarmente a quella attuale. Nel 1656 è documentato un intervento di restauro da parte di Giacomo Mangerio, necessario per fare fronte ai danni del terremoto del 1638 ed è probabile che riguardasse la primitiva fondazione; l’anno successivo inizia la costruzione della Cappella dell’Immacolata nel luogo ove sorgeva l’altare maggiore della Chiesa. Allora il primitivo coro non era stato ancora separato dal resto della Chiesa con il tramezzo in muratura che venne innalzato nei successivi lavori del 1719 su disegno dell’architetto Antonio Bova.
La nuova Cappella, costruita al posto del vecchio altare maggiore, è sicuramente inserita in un progetto più ampio che prevede, quindi, già una radicale trasformazione della struttura; si spiega in tal senso quanto riportato in un inventario del 1691 nel quale si dice che mancano tre Cappelle per completare la nuova Chiesa che viene così rivestita di forme barocche. Nel 1719 ebbero inizio i lavori di completamento alla Cappella dell’Immacolata che assunse l’aspetto che oggi ha. In seguito al terremoto del 1854 venne rifatta la facciata, con iscrizione latina e due nicchie laterali con statue , priva di interesse ed alcuni lavori all’interno. Nel 1866 il Convento venne soppresso e i Francescani vi ritornarono solo nel 1912.
Da qualche anno alcuni locali del Convento sono occupati dalla Sovrintendenza dei Beni Culturali, che vi ha intrapreso interessanti restauri d’opere d’arte sacra.
L’interno della chiesa è a croce latina, a tre navate; la navata centrale è dominata dall’imponente altare maggiore in legno costruito nel ‘700, che è sovrastato da una tela di Daniele Russo del 1618 raffigurante il Perdono di Assisi; lo stesso Russo è autore di un crocifisso posto nella cimasa. Per dare un’occhiata agli altri dipinti, si parte dalla navata sinistra: sul primo altare è posto un crocifisso ligneo del ‘700; su quello successivo, dedicato alla Madonna della Febbre, la statua della Madonna col Bambino, opera in marmo del ‘500; poggia su uno scannello con bassorilievo frontale ove è scolpita la Presentazione al tempio e, ai lati, due agnelli. Il terzo e quarto altare, dedicati rispettivamente all’Addolorata e al Sacro Cuore di Gesù, sono in marmi policromi costruiti da F. Salvatore da Taverna nel 1778. Su quest’ultimo, si trova una statua del Sacro Cuore di Gesù e, in basso, una lapide che ne ricorda l’appartenenza alle famiglie Guido e Urso con la data: 1647. Più avanti, quadro dei Sette Martiri di Ceuta eseguito dal pittore rendese G. Greco nel 1928. In fondo alla navata è visibile un arco quattrocentesco in pietra rosata con fregi e cornice. Fino a qualche anno addietro, su questo altare era posta una tela fiamminga raffigurante San Francesco di Paola ora in sagrestia; apparteneva alla famiglia Tarsia, che vi aveva sepoltura. In una nicchia era posta l’Immacolata, scultura lignea del ‘700. Sempre nella navata sinistra due confessionali intagliati del 1700 circa.
Dall’altare maggiore, tornando indietro verso l’ingresso, troviamo, sulla sinistra, la Cappella dell’Immacolata, eretta per voto pubblico dopo la pestilenza del 1656 fu rifatta nel 1657 da Giovan Domenico Mangerio di Rogliano e decorata nel 1719 con stucchi disegnati dall’architetto napoletano Giovanni Calì, si presenta con un altare marmoreo costruito da F. Salvatore da Taverna nel 1777; nel paliotto, l’Immacolata; al di sopra, Immacolata ed Eterno Padre, tele di D. Russo. Sulle pareti laterali: San Pasquale Baylon con l’ostensorio opera di G. Cenatiempo del 1721 e Incredulità della presenza eucaristica con San Bonaventura. Al di sopra, cupola barocca edificata nel 1657 da Domenico Mangerio da Rogliano, ritoccata ed abbellita nel 1912. Sulla parete sinistra rispetto all’altare un confessionale intagliato in legno del 1600. Dai due ingressi ai lati dell’altare si passa ad un ambiente del XIII secolo (vecchia sagrestia) con, ben visibili, colonnine, capitelli e arcate a crociera quattrocenteschi. Vi sono custoditi: un coro ligneo del 1505 a due ordini di posti, con stalli e poggioli divisori lavorati ad intaglio ed ornati con colonnine tortili. Sul cornicione di legno sono poste alcune statue in legno (l’Arcangelo Michele, San Giovanni da Capistrano, San Diego, San Pasquale di Baylon, e una piccola di San Francesco d’Assisi del ‘600). In alto, crocifisso ligneo del ‘300 e, in un sarcofago in legno del 1619, il corpo del beato Giovanni da Castrovillari; sull’urna, in legno intagliato del 1619, è scolpito in altorilievo il volto del beato. Accanto, nella sagrestia, soffitto ligneo dipinto, armadio in legno con episodi della Passione e figure di Santi e di Frati francescani (Cristo legato con la corona di spine in testa, Cristo in Croce, Flagellazione, le Anime del Purgatorio, Sant’Antonio da Padova, San Bonaventura, San Bernardino, San Ludovico, San Giovanni da Capistrano, San Pietro d’Alcantara, San Diego di Alcala, San Daniele Magister Calabriae, B. Pietro Regalato, B. Francesco Solano, B. Nicola M., S. Accursio M., B. Jacobus de Marchia, B. Salvator ab Orta, B. Antonius de Stronconio). Sul cornicione, due statue appena restaurate raffiguranti San Francesco d’Assisi e San Pietro d’Alcantara. Nell’arco di pietra d’intaglio, con lesene e decorazioni varie, è collocato un dipinto con San Francesco di Paola di scuola fiamminga; sulle pareti erano posti affreschi degli inizi del XV secolo raffiguranti: San Basilio, Sant’Antonio Abate, Santa Caterina d’Alessandria non più esistenti in loco. Ad un angolo, armadio in noce intagliato, con cimasa di coronamento, con stemma sorretto da due puttini al centro. In alto, piccolo crocifisso ligneo quattrocentesco.
Proseguendo, sempre verso l’ingresso, la Cappella di Santa Caterina d’Alessandria, splendidamente adornata e decorata con intagli lignei dorati, costruita dalla famiglia Migliarese, venne ceduta nel 1530 all’arciconfraternita di Santa Caterina d’Alessandria; originariamente era un corpo a sé stante e solo nel 1656 venne aggregata alla Chiesa. È poco consueto il culto di questa Santa da queste parti. La sua storia riporta al IV secolo a Caterina, bella ragazza di sangue reale, di Alessandria d’Egitto, città nota per una scuola di filosofia atea, si trova a discorrere con cinquanta filosofi che vogliono convincerla che è impossibile ed inverosimile che Dio si sia fatto uomo e che morì sulla croce. Avviene il contrario perché sono costoro ad essere folgorati da Caterina e che si convertono al Cristianesimo. La cosa non piace all’Imperatore romano Massimino Daia che li aveva convocati per ben altri risultati. In conclusione i filosofi vengono uccisi e Caterina, che aveva anche rifiutato le nozze dell’Imperatore, conosce il martirio con una ruota irta di grossi chiodi. Ma gli elementi in ferro si piegano come fuscelli a contatto col suo corpo. Viene fatta allora decapitare ma, al posto del sangue sgorga latte. Ecco perché diviene protettrice delle lattanti. Il suo corpo senza vita fu portato da due angeli sul Monte Sinai dove Giustiniano le fece erigere un importante Monastero. Ma veniamo alla visita. Sul pavimento, lapide del 1630; nel soffitto sopra l’altare, Gloria di Santa Caterina di Guglielmo Borremans; sulla parete di fondo, il Martirio di Santa Caterina, opera datata 1600 posta in una cornice lignea settecentesca di artigianato roglianese. Ai lati le sculture lignee di Sant’Apollonia e Santa Lucia; alle pareti laterali, poste in apposite nicchie, le statue di Santa Caterina d’Alessandria con la palma del martirio e della Madonna della Salette. Alle pareti della navata sono poste sei pregevoli tele opera di Guglielmo Borremans del 1705 ispirate ad episodi della vita della Santa (Sposalizio mistico di Santa Caterina, Disputa della Santa con i Filosofi di Alessandria d’Egitto, Santa Caterina in carcere visitata dall’Imperatrice, Corpo della Santa trasportato sul monte Sinai, La ruota del martirio si spezzano). Il pulpito ed il coro in legno scolpito e dorato sono del ‘700; sulla cantoria è custodito un organo dipinto; sul soffitto, una tela su cui è effigiata Santa Chiara, di ignoto del ‘700, proveniente dall’omonima Chiesa.
Uscendo dalla Cappella e continuando verso l’ingresso, troviamo l’altare dedicato a San Francesco d’Assisi con la statua del Santo e Cristo in Croce. Più avanti, piccola Cappella con statua di Sant’Antonio da Padova; di fronte, sul pavimento, lapide marmorea con stemma gentilizio di Cesare di Parisio; segue l’altare di Santa Rita con un dipinto ad olio che ritrae la Santa, opera di E. Salfi del 1921; in ultimo, accanto all’ingresso, l’altare di Santa Margherita da Cortona ritratta su un olio su tela dipinto dal napoletano Staita nel 1941.
Nel cimitero sottostante la Chiesa è conservato un affresco del Trecento raffigurante l’Annunciazione. Accanto alla Chiesa nei locali dell’ex Convento, ha sede il Gabinetto di Restauro della locale Soprintendenza ed il vecchio chiostro dei Francescani al quale si accedeva sia dalla sagrestia che da una porta a sinistra dell’attuale altare maggiore. Continue manifestazioni mostrano le opere restaurate più significative appartenenti per lo più all’arte sacra minore calabrese, ma con pezzi di indubbio valore culturale. Sempre crescenti il numero di opere acquistate dal Ministero ai Beni Culturali in attesa di essere collocate nella nascente pinacoteca di Palazzo Arnone. Tra queste, notevoli opere di Mattia Preti, di Luca Giordano e poi tante altre di artisti minori calabresi, ma non per questo prive di fascino e di significato. Il chiostro, al quale si è accennato precedentemente, è costituito da 5 archi a sesto acuto per ognuno dei 4 lati. Probabilmente la data incisa su una parete del chiostro è riferita alla Chiesa antica che doveva essere con facciata a salienti simile a quella del Duomo.
Il chiostro, invece, sicuramente di epoca successiva, è probabile opera degli Osservanti, insediatisi nella struttura nel 1436, mostrando più di una analogia col portico della chiesa di San Bernardino in Amantea. Tre arcate sono chiuse a causa della costruzione della massiccia torre campanaria edificata nel 1594. Sulle pareti dei corridoi, coperti con volte a vela, qua e là, resti di affreschi; sotto le arcate, numerosi frammenti architettonici di marmo provenienti dalla vecchia struttura.
Accanto alla Chiesa, sono visibili resti di mura romane in “opus reticulatum” e di un’aula, probabilmente un’abside dell’antica struttura benedettina. Di quella Chiesa distrutta dal terremoto del 1184 e non più riedificata, restano belle finestre ogivali e qualche muro.